il Social Forum Mugello ad Amatrice
La cronaca.
Ieri, domenica 2 ottobre, il Social Forum Mugello ha recapitato, presso le persone colpite dal sisma del 24 agosto, il materiale raccolto dal 26 agosto nel nostro territorio.
Avevamo un furgone carico di vestiti, coperte, prodotti per l’igiene, detersivi (con un grosso contributo dell’AVIS di Scarperia e San Piero) e anche due bombole del gas.
In tantissimi sono stati i cittadini che hanno contribuito alla raccolta ed hanno conferito il loro materiale presso la nostra sede di via Roma 5 a Scarperia, dove abbiamo organizzato la raccolta nei giorni di martedì, giovedì (dalle 17 alle 22) e sabato (dalla 10 alle 13). Non è stato facile garantire l’apertura della sede in questi orari per più di un mese. Ma ce l’abbiamo fatta. E per questo ringrazio tutti gli amici del Social Forum: Maria, Claudia, Cristina, Samantha (che non è del social forum ma è come se lo fosse), Guido, Giulio e Antonio. E poi noi due, io e Paolino che abbiamo anche avuto il privilegio di essere quelli che il materiale lo hanno direttamente recapitato.
Il bene lo si fa in silenzio. Ma in questi casi è bene far risaltare chi c’era e chi, purtroppo, non c’è stato. Perché la latitanza in questi momenti è un orrore umano e sociale. Noi non abbiamo altre finalità se non quelle di aiutare la gente colpita dal sisma. Siamo noi a ringraziare. Ringraziamo le persone che hanno contribuito alla raccolta e ringraziamo soprattutto le persone che abbiamo incontrato nelle zone del terremoto: ci hanno dato una enorme lezione di vita.
Ieri ci siamo alzati alle 4 e abbiamo guidato per 5 ore di fila fino a Capricchia, la frazione di Amatrice che abbiamo deciso di adottare. Abbiamo ricercato un contatto diretto con la popolazione perché non ci fidiamo di istituzioni ed enti che spesso hanno sporcato queste operazioni. Abbiamo conosciuto direttamente le persone che abitano questa piccolissima frazione che si sta rialzando in modo autonomo, fuori dai circuiti ufficiali. Abbiamo visto donne e uomini che con i loro lutti nel cuore hanno comunque provveduto a ripristinare condizioni di vita in questa piccolissima borgata dell’Appennino. Abbiamo conosciuto le loro storie, quelle che hanno voluto raccontarci. Ci hanno offerto un pranzo e poi siamo ripartiti per altre 5 ore di guida. Li abbiamo lasciati con la promessa di ritornarci, di non dimenticarci di loro e di garantirgli la fornitura di materiale specifico di cui hanno necessità e che presto ci elencheranno in modo dettagliato.
Torneremo. Perché siamo di parola e perché vogliamo bene a questa gente. E loro se lo meritano tutto il nostro bene.
Siamo stati anche ad Amatrice. Non si entra. Tutto è transennato. Si accede solo ai campi e al Centro di Coordinamento. Li abbiamo trovato un altro contatto per poter portare il materiale che non consegneremo a Capricchia.
Ad Amatrice non c’è il silenzio di Capricchia. Ad Amatrice c’è una folla di soccorritori, un via vai di mezzi. Dicono che c’è addirittura chi fa turismo della tragedia. Siamo scappati velocemente.
Le emozioni.
E’ impossibile scrivere quello che si sente. Descrivere quello che si prova di fronte ai cumuli di macerie che significano morte e anche interruzione di storie, di progetti. Lì si vive in una sospensione dal futuro. Tutte le persone che abbiamo incontrato, anche quelle più attive e positive, non riescono a non parlare del terremoto. E’ un evento che nessuno riesce a spiegarsi. Ed è un evento che ha frantumato le loro storie, con i lutti ma anche con il ricordo di quegli attimi. Meno male che ci sono i bambini che provano a giocare. Provano. Perché anche per loro è difficile dimenticare il terrore e gli esiti di questa tragedia. Non hanno più una casa. Non hanno più alcuni amici. Non hanno più i loro giochi. Gli occhi impauriti dei bambini e la loro innaturale tranquillità è qualcosa che ti segna dentro. Come le storie raccontate da chi ha perso figli e nipoti e non sa più che senso possa avere la propria esistenza. E allora vaga per il paese come se, da qualche parte, potesse esserci una risposta ed averne uno nuovo, di senso. C’è però una rinnovata idea di comunità a Capricchia: si mangia tutti insieme e ci si sostiene a vicenda. Forse la comunità c’era anche prima, tutti si conoscevano. Ma il terremoto ha costretto la gente per strada e adesso la loro intimità è meno privata e più sociale.
Ecco, una riflessione che ho fatto a partire dall’incontro con la fragilità di queste persone è stata proprio quella sull’intimità. Non ce n’è più. E perfino noi che siamo arrivati per aiutarli, in qualche modo, l’abbiamo violata. Ci hanno accolto in modo assolutamente caloroso ma siamo entrati nella loro vita e non è cosa da poco. Probabilmente la prossima volta avremo un già vissuto. Questa volta siamo entrati in punta di piedi ma per loro era sicuramente un ingresso rumorosissimo.
Consapevoli di questa situazione siamo stati in disparte e abbiamo aspettato che fossero loro a cercarci. Eravamo lì PER loro ma per essere lì CON loro occorreva che si diventasse meno anonimi e non era cosa né scontata né semplice.
Ma loro sono belli e alla fine, grazie anche ad un piatto di pasta tutto è diventato più naturale. Anche se, durante il pranzo, inevitabilmente, si è riparlato del 24 agosto.
Abbiamo fatto alcune foto, anche se l’ultimo dei nostri obiettivi era quello di documentare fotograficamente questo incontro.
Non ne pubblicheremo che qualcuna. Non certo quelle delle rovine. Ci disgusta lo spettacolo del dolore.
Siamo tornati a casa con tanto. Molto di più di quello che abbiamo lasciato.
Auguro a tutti loro di ritrovare una propria storia. Non sarà facile e non sarà mai più come prima. Ma ne hanno il diritto. E noi abbiamo il dovere di non dimenticarli.
Noi si torna a Capricchia.