Il piccione e la scacchiera
La sensazione è questa. Da un bel po’ di tempo siamo in questa situazione, ma dopo ieri sera siamo nell’assoluta certezza.
Discutere con un esponente del Partito Democratico è come giocare a scacchi con un piccione: potresti essere il più bravo giocatore del mondo ma il piccione continuerà a rovesciare tutti i pezzi, scagazzerà sulla scacchiera e poi se ne andrà camminando impettito come se avesse vinto lui.
Ecco, dopo aver visto il confronto televisivo sul referendum del 5 dicembre tra Renzi e Zabrebelsky non si tratta più di avere sensazioni di questo tipo, ce ne dobbiamo, semplicemente, fare una ragione.
E, conseguentemente, trarne delle conclusioni.
Da mesi, le persone pensanti di questo Paese affermano di voler discutere “nel merito” della cosiddetta riforma costituzionale. Naturalmente noi il testo della riforma l’abbiamo letto, studiato, valutato e ne abbiamo verificato drammaticamente l’inconsistenza costituzionale, appunto, e la pericolosità.
Va da sé che, in una logica politica civile e dialettica, avremmo voglia di discutere “nel merito” questa riforma. Avremmo voglia di confutarne intanto il modo con cui viene imposta, laddove le modifiche alla Costituzione dovrebbero essere inclusive, concertative e non capaci soltanto di scavare solchi invalicabili tra le parti. Avremmo voglia di scendere nel dettaglio e sbugiardare quanto affermato nel testo della più vergognosa delle schede referendarie di tutta la nostra storia repubblicana:
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- non è vero che attraverso questa riforma si procede al superamento del bicameralismo paritario: si abbatte brutalmente una delle due camere e in alcuni casi si potrebbe assistere al rimbalzo ancora peggiore tra una legge e l’altra. E’ un falso brutale affermare che il bicameralismo in Italia rallenta il processo legislativo poiché siamo uno dei Paesi più capaci di legiferare e perché, quando è interessato ai vari parlamentari, alcune leggi sono state approvate alla velocità della luce.
- non è vero che solo attraverso questa riforma si può procedere alla riduzione del numero dei parlamentari. Ci sono altre proposte, meno violente nei confronti del testo costituzionale, capaci comunque di abbassare il numero dei parlamentari
- non è vero che si abbassano i costi: intanto l’abbassamento previsto è residuale e poi, in ogni caso, sarebbe interessante andare a vedere quanto questo abbassamento impatti sulla perdita di efficacia del sistema. E’ evidente che se si abbassano i costi ma si perde di efficacia, l’abbassamento dei costi risulti poco intelligente.
- concordiamo con la necessità di sopprimere il CNEL
- concordiamo con la necessità di rivedere il Titolo V della Costituzione ma non nella modalità prevista poiché nel testo della riforma si rimanda ad una gestione Statocentrica che potrebbe creare criticità notevoli nella legittima tutela specificità territoriali e nella autonomia delle amministrazioni locali.
- non è vero che attraverso questa riforma si procede al superamento del bicameralismo paritario: si abbatte brutalmente una delle due camere e in alcuni casi si potrebbe assistere al rimbalzo ancora peggiore tra una legge e l’altra. E’ un falso brutale affermare che il bicameralismo in Italia rallenta il processo legislativo poiché siamo uno dei Paesi più capaci di legiferare e perché, quando è interessato ai vari parlamentari, alcune leggi sono state approvate alla velocità della luce.
Risulta, per altro, davvero criticabile quanto previsto dall’articolo 57 (composizione del Senato) e dall’articolo 70 (prerogative del Senato).
Ecco, anche il sottoscritto è sceso nel merito.
Ma è del tutto inutile.
Siamo davanti ad un piccione.
Noi possiamo affermare tutte le sacrosante verità del mondo ma, di fronte a questi signori, non serve assolutamente a nulla.
Ecco perché, da ora in avanti, personalmente mi rifiuto scendere “nel merito”. E’ tempo buttato via e, anzi, ogni volta che scendiamo “nel merito” offriamo a loro occasioni per rovesciare i pezzi sulla scacchiera.
Il problema non è “nel merito”.
Il problema è il metodo.
Dall’avvento di Berlusconi la politica è diventata una rissa da bar. Fenomeni come quelli della Lega e anche, per certi versi, quello del Movimento 5 stelle, non hanno fatto che da perfetto contraltare alla vergognosa affermazione politica prima di Forza Italia e adesso del Partito Democratico renziano.
Non si discute più “nel merito”. Si urla e si irride l’interlocutore.
Le battute di Renzi sul “parruccone” di fronte alla calvizie di Zabrebelsky e il continuo rimandare al ruolo del “professore” che avrebbe dovuto spiegare a lui che lo deprivava del ruolo il motivo per cui le sue affermazioni erano fuori da ogni logica costituzionale, sono quanto di più bieco e vergognoso si sia mai visto nella nostra Repubblica.
Sbaglia Zagrbelsky a dire che non è Renzi un pericolo di deriva autoritaria. Sbaglia addirittura a pensare che questa deriva possa essere figlia della riforma costituzionale.
Siamo già adesso, e da un pezzo, in piena deriva autoritaria. Siamo di fronte ad una politica che non discute, che non difende le minoranze, che non prevede sistemi di controllo. La riforma semplicemente vuole mettere un sigillo a quanto sta già succedendo da almeno vent’anni. Ha iniziato Berlusconi, appunto, con la sua “discesa in campo” e con il suo inno da stadio “forza Italia”… E’ evidente che qui la democrazia è andata a puttane: come fai poi a spiegare, come ha cercato mirabilmente e inutilmente di fare Zagrebelsky, che in democrazia non “si vince” ma chi “prevale nelle consultazioni elettorali si impegna a gestire la complessità della cosa pubblica”. Cercare di discutere su questo piano con Matteo Renzi equivale a cercare di insegnare ad un elefante a cacare nel cesso.
E infatti il risultato è stato deprimente.
Sbaglia dunque Zagrebelsky a cercare di discutere “nel merito”. E’ inutile e offrire il fianco alla derisione. E, di fronte ad una popolazione ormai più vicina agli spettatori di un incontro di wrestling, risulta davvero perdente cercare di gestire la comunicazione in un’ottica dialettica.
La battaglia politica è solo ed esclusivamente sul metodo.
Occorre spostare il problema dai contenuti ai modi. Occorre stigmatizzare quei modi. Occorre non dar loro spazio.
Per quanto non mi piacciano molti degli attivisti del Movimento 5 stelle e, nello specifico, per quanto non abbia molta fiducia in Virginia Raggi, devo dire che l’aver disertato l’incontro con Malagò è assolutamente condivisibile. Quelli che hanno dato della maleducata alla Raggi sono collusi con il sistema mafioso romano e con un modello di politica vergognosamente antidemocratico.
Con certa gente non si parla più.
Non ho quasi mai preso una posizione, qui su ildado.info, relativa a politiche nazionali e non legate al territorio.
E allora perché questo articolo?
Ieri sul gruppo Facebook del Comitato contro la Centrale di Petrona, qualcuno ha stigmatizzato il fatto che avessi postato un invito a votare NO al referendum.
Come al solito si fa polemica e, soprattutto, non si vuole vedere la questione dal punto di vista delle fondamentali implicazioni. Il referendum costituzionale avrà delle ricadute anche e soprattutto sulla gestione delle politiche territoriali. Stupisce che chi si impegna nella politica locale e che, addirittura, ricopre un ruolo istituzionale come rappresentante dei cittadini in un Consiglio comunale, non comprenda l’impatto che la riforma avrà sul Titolo V e, conseguentemente, sulle scelte e sulle autonomie dei vari territori.
E allora il mio post c’entra eccome!
E allora questa battaglia contro la riforma Boschi è un impegno che ha una notevole connotazione anche territoriale.
Inoltre, ma non certo marginalmente, l’atteggiamento da piccione esercitato con tanto di boccacce e insulti da parte di Renzi nei confronti di Zagrebelsky è, mutatis mutandis, lo stesso che i vari politici locali hanno esercitato su questo territorio nei confronti di ogni soggetto che abbia portato avanti criticità rispetto alle loro scelte.
Vale la pena ricordare le smorfie, le minacce e il discredito del Sindaco di Scarperia e San Piero, Federico Ignesti, nei confronti del Comitato e di ogni suo rappresentante, che hanno raggiunto l’apice con il mancato riconoscimento della sconfitta di fronte alla sentenza del TAR.
Vale la pena ricordare la squallida e triste performance del Sindaco di Barberino, Giampiero Mongatti, che non è capace di gestire un minimo dissenso e che si impunta, si isterizza e chiude un dibattito pubblico offendendo chi porta dati e prova a confutare il diktat sulle tragiche politiche energetiche e di gestione dei rifiuti nei nostri Comuni.
Basta. Per quanto animalista convinto, i piccioni sono animali che mi stanno sui coglioni. E la superbia del loro incedere impettiti dopo le scagazzate incontinenti è quanto di più odioso si possa registrare e quanto di più lontano dalla politica democratica.
Da ora in avanti, considerato la loro totale incapacità a sostenere un dibattito dialettico e gestito sulla base degli argomenti, sarà il caso di non considerarli affatto degni di interlocuzione.
Continuiamo a leggere e studiare, perché malgrado loro, questo è il modo corretto di fare politica. Ma rifuggiamo con sistema qualsiasi tipo di confronto.
Prima o poi, così pieni di nulla, finiranno per esplodere e dissiparsi come una scoreggia nel cosmo.