Il mondo alla rovescia
Noi eravamo quelli subdoli, che dicevano falsità e che promuovevano disinformazione.
Loro erano quelli che facevano le cose fatte bene, che vantavano il consenso popolare e che operavano per il bene del nostro territorio.
Noi eravamo quelli che dicevano che morivano i bambini, che si deforestava il Mugello e raccoglievamo le firme estorcendole ai bambini, quelli che poi sarebbero morti.
Loro parlavano di Toscana territorio al 70% boscato e quindi con legna in abbondante quantità, di pellet con il brand Mugello e di tutela da parte degli enti di controllo.
Noi si speculava sulla centrale a biomasse per fare politica e per interessi di parte.
Loro, che non hanno mai avuto interessi di parte, promuovevano interessi comuni attraverso imprese private e società partecipate alle quali forniscono prestiti che sono investimenti.
Nel Medioevo era abitudine, in coincidenza con il periodo del carnevale, lasciare che il popolo potesse ribaltare la realtà sociale: era possibile irridere i padroni e perfino re e regine.
In quel periodo tutto o quasi era tollerato e serviva, in qualche modo, a far sfogare una popolazione affamata e sottomessa, per evitare che la volontà di rivincita sociale si manifestasse con rivolte e con pericolose azioni di insubordinazione reale. Era il mondo alla rovescia.
Da noi è successo il contrario.
Chi gestisce il potere, i padroni del Mugello, hanno deciso di vivere il loro carnevale per un tempo davvero lungo, hanno deciso di sovvertire la realtà delle cose, di prendersi burla della popolazione, di dileggiarla e minacciarla. Non che questa non sia storica prerogativa del potere. Ma, generalmente, il potere, per fare queste cose non ha bisogno di cambiare la realtà delle cose. Basta che eserciti il potere, appunto. Non ha bisogno di giustificazioni, né di conforto della realtà.
Ma siccome chi esercita il potere nella terra degli Ubaldini, non solo lo fa pretendendo assenza di controllo, ma vuole pure che ne sia riconosciuto il totale diritto e la funzione sociale e “buona”, non potevano che cercare di ribaltare i fatti, poiché questi, di buono e di utile per la società non hanno evidentemente nulla.
Ecco allora che il lungo carnevale mugellano si è manifestato in tutto il suo tragicomico apparire, con tanto di figuranti alla corte pronti ad oscurare i fasti delle manifestazioni folcloristiche nostrane.
Noi pagani, noi persone comuni, cittadini figli di un’idea di democrazia nata sulle ceneri dei privilegi monarchici e sulla Costituzione della Repubblica, abbiamo provato a far presente che questi metodi non ci piacevano affatto. Lo abbiamo manifestato usando i metodi della democrazia, appunto, e della politica attiva e partecipata. Perché per noi, i metodi sono importanti tanto quanto i fini.
Per noi la politica esercitata alla stregua della legittimazione machiavelliana che il fine giustifica i mezzi, non solo non è giusta, ma non è nemmeno accettabile.
Il concetto di giustizia (e non di giustizialismo come vorrebbero farci credere), per noi è fondativo.
Ed allora abbiamo esercitato i nostri diritti di cittadini a cui il ruolo di sudditi silenti non piace affatto.
Lo abbiamo esercitato attraverso interrogazioni e mozioni in Consiglio comunale, lo abbiamo esercitato, successivamente e a seguito di una totale chiusura rispetto al dibattito politico, attraverso un esposto alla Procura, facendo presente una serie di presunte irregolarità che per noi sono potenzialmente gravissime, lo abbiamo esercitato costituendoci in un Comitato, con pacifiche manifestazioni pubbliche, con una raccolta di firme e cercando di confutare le loro bizzarre e silenziose attività, con documenti e contributi di esperti.
Tempo fa avevo dichiarato che la barca stava scricchiolando e che loro non hanno affatto una capacità di resilienza, poiché non sono né avvezzi, né disposti a modificare alcunché del loro modo di esercitare il dominio.
Adesso la barca ha incamerato tanta di quell’acqua che l’ipotesi di un possibile naufragio non è più solo un’ipotesi.
Le due giornate appena trascorse sono state esemplari.
Perfino i loro compagni di viaggio, quelli che siedono nei banchi della maggioranza nell’Unione dei Comuni, hanno cominciato a manifestare una certa insofferenza rispetto alle tante, troppe, criticità che il progetto di Petrona manifesta.
Forse i consiglieri dell’Unione e i Sindaci degli altri Comuni del Mugello non si schiereranno in maniera manifesta contro chi ha progettato e gestito tutta questa vicenda: il galateo della politica non lo prevede, almeno fintanto che la barca continua a stare sopra la linea di galleggiamento. Ma la mozione approvata ieri e le Commissioni Ambiente, Affari Generali e Garanzia e Controllo, riunite per affrontare il problema con tanto di esperti da interrogare, sono stati momenti esemplari di contraddizione palese e provata di quel pensiero unico dominante che finora si è imposto senza alcun contraddittorio possibile.
Nella mozione si parla di informazione carente. Troppo buoni ma, anche qui, il politically correct ha imposto un’edulcorazione dei termini. In realtà di informazione non ce n’è stata affatto. Né nei confronti della cittadinanza, né nei confronti delle forze politiche del territorio.
Non ci basta questa generica affermazione, però. Se non c’è stata informazione, anche dopo reiterati inviti e richieste, noi ci chiediamo perché. E la politica vorrebbe che questa richiesta di perché si estendesse da queste pagine ai luoghi dove si spingono i bottoni e dove si esercita il potere decisionale.
Non aver informato le Amministrazioni dei Comuni mugellani e tutta la popolazione è un arbitrio che non può estinguersi con una semplice presa d’atto di questa sconcertante situazione.
Nella mozione si parla di necessità di chiarezza da richiedere al soggetto privato, quello stesso soggetto che non solo si è mosso in modo sufficientemente superficiale, ma che è stato usato come grimaldello nella comunicazione con la gente che chiedeva conto delle scelte. Lo stesso soggetto che ha accusato il Comitato di dire sciocchezze sulla simulazione di approvvigionamento; che ha gettato discredito su alcuni dei nostri esperti; che ha convocato singoli esponenti di Legambiente, accampando approvazioni assolute da parte della stessa, cosa che non c’è mai stata; che afferma di avere, altresì, consolidati rapporti con Ibionet, l’agenzia che gestisce la piattaforma, la quale non solo ha smentito di conoscere questo soggetto, ma ha anche smentito la sostenibilità dell’impianto dal punto di vista economico legato all’approvvigionamento. Lo stesso soggetto che, in sede di Conferenza dei Servizi, non aveva prodotto i dati richiesti e in supporto al quale è scesa in campo l’Arpat, sostenendo una simulazione in sua vece… e poco importa se questa simulazione ha dato esito positivo. Anzi: ci chiediamo e non ci hanno ancora risposto nel merito, come sia stato possibile scegliere una stazione di rilevazione così impropria come quella di Chitignano, quando c’era (e faceva parte della zonizzazione prevista dalla Regione) quella di Poggibonsi che avrebbe risposto certamente in modo più adeguato alla necessità di fare una valutazione dello stato ambientale di Petrona prima dell’impianto. E ci chiediamo anche, come sia stato possibile procedere all’autorizzazione alla luce dei tanti e pesanti rilievi in Conferenza dei Servizi. Mistero profondo che la Commissione svolta oggi presso l’Unione dei Comuni non solo non ha risolto ma che ha ulteriormente evidenziato.
Nella mozione si parla della necessità di una valutazione ambientale da fare a spese della Renovo ma da parte di un’Ente terzo scelto dall’Unione dei Comuni. Bene: speriamo che l’Ente sia scelto in maniera oculata e che la simulazione non sia accondiscendente con il soggetto richiedente. Sicuramente però, l’aver affermato oggi, in sede di Commissione, che le emissioni, per quanto sotto soglia (ma non hanno valutato le polveri ultrasottili PM 2,5 e PM 1), si vanno ad aggiungere a quelle che già sono presenti sul nostro territorio. E allora ci dovranno spiegare come si fa a dare un’autorizzazione in palese contraddizione con il D.Lgs 155 del 13 agosto 2010 che all’art 1 comma D recita: “mantenere la qualità dell’aria ambiente, laddove buona, e migliorarla negli altri casi”.
Quando ci parlavano delle altre centrali a biomasse si sono dimenticati sistematicamente di dirci che le altre, comunque quasi sempre molto più piccole e non cogenerative (tranne Calenzano), sono andate sempre a sostituire utenze che emettevano molto di più.
La mozione è stata votata all’unanimità.
Ci sono stati interventi molto incoraggianti da parte di Consiglieri di maggioranza che non sembrano così inclini ad accettare il “mondo alla rovescia”.
Chi invece ha continuato a difendere questo progetto, accusandoci di essere subdoli e terroristici, forse dovrà piegarsi a evidenze che ormai sono totalmente disoccultate.
E forse sarebbe il caso che se ne assumesse politicamente le conseguenze, perché aver appoggiato così totalmente questo impianto, accusando chi si opponeva con ragionevoli dubbi e con dati di fatto alla mano, non è un incidente di percorso dal quale ci si smarca dicendo semplicemente “non si fa più”.
L’impianto non si farà. Perché non ci sono né le condizioni ambientali per farlo, né quelle economiche legate all’approvvigionamento.
L’impianto non si farà perché non c’è alcun motivo per farlo e perché non è di alcun interesse per il territorio.
E se ne faccia una ragione anche il Presidente della Pianvallico SpA che, per giustificare un prestito senza interessi da parte dell’Unione (i prestiti da socio da parte di un’Amministrazione Pubblica devono sempre essere onerosi, altrimenti c’è un danno per la comunità) ha dichiarato che è un investimento in un’opera pubblica.
Ma allora si mettano d’accordo: quando serve a raccattar denari, l’opera è un investimento pubblico, quando invece si deve dar conto della inaffidabilità del progetto, diventa un’opera di un soggetto privato.
Siamo alla resa dei conti.
E tardi arriverà quel confronto pubblico con i cittadini, quei cittadini che hanno raccolto più di 7.500 firme e che si stanno impegnando perché non hanno alcuna intenzione di vedersi scavalcare nel proprio diritto di dire la loro sull’utilizzo assurdo del proprio territorio e che, come ha rilevato la Consigliera Cerbai, in piena coerenza con gli indirizzi del Piano Energetico Toscano (PAER), avevano ed hanno, appunto, il diritto di esprimersi su opere di questo impatto e di questa rilevanza. Ma ai cittadini è stato nascosto tutto quanto, per troppo tempo. E anche qui, citando il Consigliere Ballini, non devono essere i comitati a farsi carico di informazioni su queste questioni, deve essere l’Amministrazione a farlo.
E non lo ha fatto. Mai fino ad ora e quando lo farà sarà ormai troppo tardi.
Non ci bastano le scuse, che per altro non ci sono ancora state.